IN THE ARTIST’S WORDS

Can there be a universe without time, or is time a fundamental part of existence itself?

I understand that when we speak of the concept of Time, we have a tendency to look out of ourselves and to think large scientific and philosophical concepts, but that is the job of science and philosophy. To me, as an artist, I’m interested in the concept of Time, or better, the experience of Time as subjectivity. What does Time really mean to me?  This tendency to look out there for the meaning of things is because we have lost the connection to ourselves, to our essence.  For some, it might sound like solipsism what I’m saying, but I think it is the contrary; looking inwardly, it's an aware and intuitive state on the everyday matters of the world. For instance, when institutions ask me to submit myself to strange injections, or to believe in certain ideological, scientific,  religious, and political ideas, I’m aware of my choices because I know who I am, rather than ‘I believe’, because authority said so. I know, therefore I don’t believe. It's very different. That conscious action is important as a presence on this planet, and by the way, there are many inhabited planets out there in the universe.   

Which is the shortest possible “moment”?

In reality, my deep experience of Time is Timelessness, or apperception, which I represent in my work through the perception of time, seasons, change, movement, memory, etc. It seems a paradox, the idea of time and timelessness, but in reality, it’s inseparable.     

What does “time” mean to you personally — regarding material?

The materials I use in my work are classic, like paper, pigments, clay, plaster, etc, because materials to me are vehicles for the representation of states of awareness, sensations, intuitions. I spend a lot of time playing with materials, and sometimes my experiments fail. They fail because I am not there. I am trying to achieve something, but it doesn’t work in that way. 

Is your work about capturing a moment, or revealing how moments dissolve?

Both, I guess. The work happens through making, not thinking, in creation, not production. Time is very personal. We only understand when we inquire and meditate.  If we think of memory in relation to time and space, we can ask, Where does memory live? Where does it exist? If the same event that happened in the past were to happen today, would my perception of that event be different? In asking these simple questions, we can find out that we don’t know anything about ourselves. 

Does the collective format itself — multiple voices in one time and space — change how your work is read?

I invited the artists to this collective at the last minute because I wanted to see how we interacted together, our anxieties, sensations, and feelings. I gave everyone the freedom of choice in what to present, as I always do, because I want to see very strongly the particularity of each one. Everything we do and how we interact with each other is a representation of ourselves in the world. Whereas, the aspect of installation, I make the choices accordingly because it's fundamental for composition in space, but the artwork itself is what it is, so I’m not concerned with how my art is read, rather the concept that each one of us is a part and a whole simultaneously. There is no competition; that idea is outdated, as it is the idea of the survival of the fittest. Rather, I’m interested in collaboration. That doesn’t imply being good nor being kind, bla bla bla,  collaboration in the sense that everyone shows itself in its essence as anarchy. Anarchy in the original meaning of the word "without a ruler," derived from the Greek words an- (without) and arkhos (ruler). In other words, lacking a governing authority or hierarchy, rather than the contemporary connotation of chaos and violence. ….

Può esistere un universo senza tempo, oppure il tempo è una parte fondamentale dell’esistenza stessa?

Capisco che quando parliamo del concetto di Tempo, abbiamo la tendenza a guardare fuori da noi stessi e a pensare in termini di grandi concetti scientifici e filosofici — ma questo è il compito della scienza e della filosofia.
Per me, come artista, ciò che mi interessa è il concetto di Tempo, o meglio, l’esperienza del Tempo come soggettività. Cosa significa davvero il Tempo per me?
Questa tendenza a cercare il significato delle cose “là fuori” nasce dal fatto che abbiamo perso la connessione con noi stessi, con la nostra essenza.
Per alcuni, ciò che sto dicendo potrebbe sembrare solipsismo, ma io credo sia il contrario: guardare all’interno è uno stato consapevole e intuitivo verso le questioni quotidiane del mondo.
Per esempio, quando le istituzioni mi chiedono di sottopormi a strane iniezioni o di credere in determinate idee ideologiche, scientifiche, religiose o politiche, sono consapevole delle mie scelte perché so chi sono — non perché “credo”, solo perché un’autorità lo dice. Io so, dunque non credo. È molto diverso.
Questo agire consapevole è importante come presenza su questo pianeta — e, a proposito, ci sono molti pianeti abitati là fuori nell’universo.

Qual è il “momento” più breve possibile?

In realtà, la mia esperienza più profonda del Tempo è l’assenza di tempo, o appercezione, che rappresento nel mio lavoro attraverso la percezione del tempo, delle stagioni, del cambiamento, del movimento, della memoria, ecc.
Può sembrare un paradosso, l’idea di tempo e senza tempo, ma in realtà sono inseparabili.

Cosa significa per te personalmente “tempo” — in relazione al materiale?

I materiali che utilizzo nel mio lavoro sono classici — come carta, pigmenti, argilla, gesso, ecc. — Perché per me i materiali sono veicoli di rappresentazione di stati di consapevolezza, sensazioni, intuizioni.
Trascorro molto tempo a giocare con i materiali, e a volte i miei esperimenti falliscono. Falliscono perché io non ci sono. Sto cercando di “ottenere” qualcosa, ma non funziona così.

Il tuo lavoro riguarda il catturare un momento o il rivelare come i momenti si dissolvono?

Entrambi, credo.
Il lavoro accade nel fare, non nel pensare — nella creazione, non nella produzione.
Il tempo è qualcosa di molto personale. Lo comprendiamo solo quando indaghiamo e meditiamo.
Se pensiamo alla memoria in relazione al tempo e allo spazio, possiamo chiederci: dove vive la memoria? Dove esiste?
Se lo stesso evento accaduto nel passato dovesse accadere oggi, la mia percezione di quell’evento sarebbe diversa?
Nel porci queste semplici domande, scopriamo che in realtà non sappiamo nulla di noi stessi.

Il formato collettivo — più voci in un unico tempo e spazio — cambia il modo in cui il tuo lavoro viene percepito?

Ho invitato gli artisti a questa collettiva all’ultimo momento perché volevo vedere come avremmo interagito insieme, le nostre ansie, sensazioni e sentimenti.
Ho dato a tutti la libertà di scegliere cosa presentare, come faccio sempre, perché voglio vedere in modo molto chiaro la particolarità di ognuno.
Tutto ciò che facciamo e il modo in cui interagiamo gli uni con gli altri sono una rappresentazione di noi stessi nel mondo.
Per quanto riguarda invece l’aspetto dell’installazione, faccio le scelte in base alla composizione nello spazio — perché è fondamentale — ma l’opera in sé è ciò che è.
Non mi interessa tanto come la mia arte venga “letta”, quanto piuttosto il concetto che ognuno di noi è parte e totalità simultaneamente.
Non esiste competizione; quell’idea è superata, così come l’idea della sopravvivenza del più forte.
Sono invece interessata alla collaborazione. Questo non implica essere buoni né gentili, bla bla bla, ma collaborazione nel senso che ognuno si mostra nella propria essenza come anarchia. Anarchia nel significato originale della parola: “senza un sovrano”, dal greco an- (senza) e arkhos (capo). In altre parole, priva di un’autorità governante o di una gerarchia, piuttosto che nella connotazione contemporanea di caos e violenza.

Marcela Gottardo

13 di novembre de 2025.